«25 Aprile, radice di libertà»
Un gruppo di sinistra radicale fischia e insulta il sindaco in piazza Loggia Ma il presidente dei partigiani lo difende e invita i contestatori ad andarsene
«Il 25 Aprile è radice di libertà e democrazia». Questa è la consapevolezza che ha spinto ieri centinaia di persone a recarsi all’ombra della Loggia per il 64esimo anniversario della Liberazione. Queste sono anche le parole che hanno utilizzato coloro che, dal palco, sono intervenuti per la celebrazione ufficiale. Un vero peccato quindi che la giornata sia stata turbata dal gesto di un gruppetto di contestatori che ieri hanno preferito scendere in piazza per offendere il sindaco Paroli piuttosto che rendere degno omaggio a quanti sono caduti per liberare l’Italia dal nazifascismo. «Le associazioni partigiane non sono con voi, andate via», ha tuonato rivolto a loro il presidente dell’Anpi, Lino Pedroni, proprio mentre volavano fischi e insulti (da «fascista» a «buffone») indirizzati al primo cittadino. «Voi non sapete neanche che cos’è la libertà - ha proseguito Pedroni applaudito dalla grande maggioranza della piazza -: quella libertà di tutti, pure vostra, per la quale i partigiani hanno combattuto». Anche Giorgo De Martin , segretario cittadino del Pd, ha voluto stigmatizzare l’accaduto bollandolo come «fatto grave in un momento unitario del Paese». I contestatori sono peraltro entrati in azione in barba alle nobili parole pronunciate da Agape Nulli, presidente delle Fiamme Verdi, la quale, dopo aver ricordato Ermes Gatti, aveva appena finito di rimarcare il contributo determinante dei partigiani all’affermazione dello stato di diritto nel nostro Paese: «Lotta e perdono - ha osservato in un passaggio - sono concetti che appartengono a due culture diverse, laica e cattolica. Ma sono stati conciliati in nome dell’ideale di combattere per dare (e non per
togliere) la libertà». Poco prima lo stesso Pedroni aveva sottolineato «la necessità di rievocare sempre i valori dell’antifascismo, della libertà e della pace. Per un futuro desiderabile dell’Italia occorrono spirito umanitario e scelte democratiche: e questa è una sfida sempre attuale».
Paroli: valori da trasmettere
Quindi è stato il turno del sindaco, che fra un’interruzione e l’altra è riuscito comunque a portare a termine il proprio discorso. «Sappiamo quel che rappresenta per l’Italia la data del 25 Aprile - ha rimarcato
-: è il giorno della liberazione piena del Paese dalla dittatura e dall’occupazione straniera. Da questa fonte inesauribile di patriottismo e di valori comuni è scaturita la libertà, l’unità e l’indipendenza del nostro Paese». Il numero uno di Palazzo Loggia si è poi richiamato alle parole di Giovanni Paolo II, quando scriveva che la dignità dell’uomo deve essere il motore generatore di libertà: «La Resistenza fu dunque un’esperienza che si tradusse in una straordinaria prova di riscatto civile. Il mio primo pensiero, per questo, va alla sua trasmissione: la condivisione di quegli eventi, la sofferenza dei nostri padri, l’eroismo dei nostri partigiani, va testimoniato alle diverse generazioni, tutti devono ricordare da dove sono nate l’Italia e la sua Costituzione democratica. Fare memoria oggi è per tutti esperienza non passiva, ma di costruzione di una coscienza consapevole: libertà e democrazia non sono mai acquisite per sempre, ma frutto di quotidiana dedizione, di costante sacrificio e valori vissuti». Paroli ha quindi osservato che lo spirito nazionale che ha animato l’Italia all’epoca della Liberazione «è lo stesso che da allora anima ogni cittadino italiano. E ne è limpida testimonianza la prontezza e l’impegno dei tanti soccorritori accorsi nel cuore dell’Abruzzo».
Martinazzoli: segno unitivo
Non senza nostalgia l’on. Mino Martinazzoli ha ricordato «i tanti volti che un tempo incontravamo in questa piazza e che oggi non ci sono più». E, tra questi, Ermes Gatti, definito «partigiano umile e mite, ma anche fiero e intransigente nella difesa del valore della Resistenza». Quella Resistenza che per l’ex sindaco della nostra città è stata «un segno unitivo di una generazione che aveva conosciuto oppressione e guerre. Mi pare - ha aggiunto - che, qualunque fossero le ideologie che animavano i partigiani, la resistenza sia stata una guerra patriottica di liberazione nazionale». Martinazzoli si è quindi richiamato alle parole di Piero Calamandrei, che aveva spiegato agli studenti milanesi come i luoghi dove nacque la Costituzione non fossero altri che le montagne e le prigioni dei partigiani. «Erano uomini che avevano vissuto la guerra - ha aggiunto - e per questo scrissero che l’Italia la ripudia. Erano uomini che avevano conosciuto la pretesa totalitaria della politica e per questo scrissero che la persona è al centro. Erano uomini che avevano conosciuto le diseguaglianze e per questo scrissero che ciascuno di noi è uguale all’altro, senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali». I discorsi dal palco sono stati preceduti da altri momenti molti
intensi: dalla deposizione delle corone (in Vantiniano come in piazza Loggia e in largo Formentone) al concerto della Banda cittadina in piazza Loggia, passando dalla riunione delle associazioni partigiane, d’armi e combattentistiche, della cittadinanza e delle delegazioni dei Comuni. Quindi, il gran finale con l’immancabile intonazione di «Bella ciao». Marco Tedoldi