Domenica 26 Aprile 2009
CRONACA,
pagina 10
Il sindaco Adriano Paroli non fa a tempo a prendere la
parola sul palco del 25 Aprile che dal folto pubblico di piazza
Loggia si levano le prime invettive. Un gruppetto composto dagli
esponenti della sinistra movimentista e antagonista spezza così
il religioso silenzio che aveva accompagnato poco prima gli
interventi dei presidenti dell’Anpi, Lino Pedroni, e delle
Fiamme Verdi, Agape Nulli Quilleri. «Vai via! Torna a Roma!»,
gridano. E molto di più. Poi intonano «Fischia il vento,
infuria la bufera» e «Bella ciao».
LA
CONTESTAZIONE. Paroli tentenna un attimo, poi attacca: «È
con profondo rispetto, ma anche con grande gioia che vorrei guardare
a questa festa della Liberazione, a questa celebrazione che per i
valori che incarna e per la sua sempre forte attualità, non è
mai ripetitiva o rituale». Ma il rumore è troppo forte.
Il sindaco prova a placare la folla: «Vi chiedo di rimandare le
critiche, di non rovinare questa giornata». Ma niente. Pedroni
si spazientisce, strappa il microfono e sbotta: «Le
Associazioni partigiane non sono con voi. Questa è la festa
dei partigiani democratici, della gente libera, che rispetta tutto e
tutti. I partigiani hanno lottato. Voi lavorate, datevi da fare,
impegnatevi civilmente per cambiare la società, non con i
fischi». E Agape Nulli fa segno di no con il dito, che così
non va. Il sindaco corruccia la fronte e prova a concludere. Ricorda
che lo spirito di questa commemorazione è lo stesso che ha
animato «la prontezza e l’impegno dei soccorritori
accorsi nel cuore dell’Abruzzo». «Il senso civile,
il coraggio e l’amor di patria - termina - sono la linfa del 25
Aprile, lo spirito di servizio e la prontezza dei soccorritori e dei
tanti volontari accorsi nelle zone terremotate ne sono il frutto,
speciale per il 2009».
IL RICORDO. Se ne parlerà a
lungo di questo 25 Aprile contestato. Già in serata arriva la
dichiarazione di solidarietà del segretario cittadino del Pd,
Giorgio De Martin: «In un momento unitario della nazione sono
inammissibili insulti nei confronti di chi rappresenta le
istituzioni». Ma pur nel tumulto, nessuno dimentica che è
il giorno dei partigiani, commemorati fin dalla prima mattina nella
tradizionale cerimonia al Vantiniano. Ed è il giorno più
adatto per ricordare Ermes Gatti, scomparso il 28 dicembre 2008.
«Partigiano umile e mite - lo descrive l’ex sindaco,
onorevole Mino Martinazzoli - ma anche fiero e intransigente».
Agape Nulli confessa quanto è stato difficile prendere il suo
posto alla presidenza delle Fiamme Verdi ma del resto, scherza,
«quando sono morti i cavalli, si fanno trottare gli asini».
Di Gatti è viva la memoria, così come la testimonianza.
Si legge in quella frase - ricorda Nulli - incisa sulla lapide che di
suo pugno scrisse sul Mortirolo: «Su queste cime, nido di
Fiamme Verdi, arse la lotta, trionfò il perdono».
IL
MONITO. Il significato della festa della Liberazione si legge nelle
pagine di storia narrate dal palco, ma si legge chiaro anche nella
nostra carta costituzionale. Lo spiega Martinazzoli nella sua
orazione, tanto sentita e profonda da mettere a tacere ogni fischio,
in una piazza Loggia su cui è tornato un silenzio di tomba.
«Scriveva Calamandrei - cita Martinazzoli -: se volete andare
dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove
caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei
campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per
riscattare la libertà e la dignità, andate lì
col pensiero, perché li è nata la Costituzione».
È questo «il fiore dei partigiani», incalza l’ex
sindaco, quella Costituzione che ha costruito «un’idea
storica di democrazia». Che contiene in sè nella prima
parte principi indelebili, da «tutelare».
Martinazzoli
si rivolge ai giovani che «tumultuosamente si sono disposti ad
ascoltare i discorsi»: i principi costituzionali, ammonisce,
riguardano «più la vita e meno la politica, più
la volontà e meno le parole». Perché il compito
della Resistenza non è lo sterile ricordo, ma è
piuttosto la «capacità di inverare nella vita quegli
stessi valori». L’ex sindaco confessa «da vecchio»
di nascondere la speranza che «altra gioventù la occupi
la piazza con la volontà di rianimare la Costituzione».
Come quella generazione di partigiani «a cui apparteneva un
compito, e che lo assunse». E anche davanti a noi c’è
una sfida. «Ogni volta che ci è capitato di guardare
limpidamente alla sorte dell’umanità - chiude - abbiamo
imparato che la fratellanza dei popoli è sacra e indelebile.
Vale la pena di lavorare per avvicinarsi all’approdo. Ecco, a
ciascuno compete la Liberazione. Così la Resistenza trasvaluta
la storia e diventa destino».