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LA MANIFESTAZIONE. Canti e invettive al sindaco. Il presidente dell’Anpi, Lino Pedroni: «Questa è la festa delle persone libere, che rispettano tutti»

25 Aprile, fischi a Paroli
I partigiani si dissociano

Natalia Danesi

La contestazione non ha tolto la scena a Martinazzoli: «Resistenza è inverare nella vita i valori della Costituzione»



 Il sindaco Adriano Paroli non fa a tempo a prendere la parola sul palco del 25 Aprile che dal folto pubblico di piazza Loggia si levano le prime invettive. Un gruppetto composto dagli esponenti della sinistra movimentista e antagonista spezza così il religioso silenzio che aveva accompagnato poco prima gli interventi dei presidenti dell’Anpi, Lino Pedroni, e delle Fiamme Verdi, Agape Nulli Quilleri. «Vai via! Torna a Roma!», gridano. E molto di più. Poi intonano «Fischia il vento, infuria la bufera» e «Bella ciao».
LA CONTESTAZIONE. Paroli tentenna un attimo, poi attacca: «È con profondo rispetto, ma anche con grande gioia che vorrei guardare a questa festa della Liberazione, a questa celebrazione che per i valori che incarna e per la sua sempre forte attualità, non è mai ripetitiva o rituale». Ma il rumore è troppo forte. Il sindaco prova a placare la folla: «Vi chiedo di rimandare le critiche, di non rovinare questa giornata». Ma niente. Pedroni si spazientisce, strappa il microfono e sbotta: «Le Associazioni partigiane non sono con voi. Questa è la festa dei partigiani democratici, della gente libera, che rispetta tutto e tutti. I partigiani hanno lottato. Voi lavorate, datevi da fare, impegnatevi civilmente per cambiare la società, non con i fischi». E Agape Nulli fa segno di no con il dito, che così non va. Il sindaco corruccia la fronte e prova a concludere. Ricorda che lo spirito di questa commemorazione è lo stesso che ha animato «la prontezza e l’impegno dei soccorritori accorsi nel cuore dell’Abruzzo». «Il senso civile, il coraggio e l’amor di patria - termina - sono la linfa del 25 Aprile, lo spirito di servizio e la prontezza dei soccorritori e dei tanti volontari accorsi nelle zone terremotate ne sono il frutto, speciale per il 2009».
IL RICORDO. Se ne parlerà a lungo di questo 25 Aprile contestato. Già in serata arriva la dichiarazione di solidarietà del segretario cittadino del Pd, Giorgio De Martin: «In un momento unitario della nazione sono inammissibili insulti nei confronti di chi rappresenta le istituzioni». Ma pur nel tumulto, nessuno dimentica che è il giorno dei partigiani, commemorati fin dalla prima mattina nella tradizionale cerimonia al Vantiniano. Ed è il giorno più adatto per ricordare Ermes Gatti, scomparso il 28 dicembre 2008. «Partigiano umile e mite - lo descrive l’ex sindaco, onorevole Mino Martinazzoli - ma anche fiero e intransigente». Agape Nulli confessa quanto è stato difficile prendere il suo posto alla presidenza delle Fiamme Verdi ma del resto, scherza, «quando sono morti i cavalli, si fanno trottare gli asini». Di Gatti è viva la memoria, così come la testimonianza. Si legge in quella frase - ricorda Nulli - incisa sulla lapide che di suo pugno scrisse sul Mortirolo: «Su queste cime, nido di Fiamme Verdi, arse la lotta, trionfò il perdono».
IL MONITO. Il significato della festa della Liberazione si legge nelle pagine di storia narrate dal palco, ma si legge chiaro anche nella nostra carta costituzionale. Lo spiega Martinazzoli nella sua orazione, tanto sentita e profonda da mettere a tacere ogni fischio, in una piazza Loggia su cui è tornato un silenzio di tomba. «Scriveva Calamandrei - cita Martinazzoli -: se volete andare dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì col pensiero, perché li è nata la Costituzione». È questo «il fiore dei partigiani», incalza l’ex sindaco, quella Costituzione che ha costruito «un’idea storica di democrazia». Che contiene in sè nella prima parte principi indelebili, da «tutelare».
Martinazzoli si rivolge ai giovani che «tumultuosamente si sono disposti ad ascoltare i discorsi»: i principi costituzionali, ammonisce, riguardano «più la vita e meno la politica, più la volontà e meno le parole». Perché il compito della Resistenza non è lo sterile ricordo, ma è piuttosto la «capacità di inverare nella vita quegli stessi valori». L’ex sindaco confessa «da vecchio» di nascondere la speranza che «altra gioventù la occupi la piazza con la volontà di rianimare la Costituzione». Come quella generazione di partigiani «a cui apparteneva un compito, e che lo assunse». E anche davanti a noi c’è una sfida. «Ogni volta che ci è capitato di guardare limpidamente alla sorte dell’umanità - chiude - abbiamo imparato che la fratellanza dei popoli è sacra e indelebile. Vale la pena di lavorare per avvicinarsi all’approdo. Ecco, a ciascuno compete la Liberazione. Così la Resistenza trasvaluta la storia e diventa destino».